mercoledì 26 gennaio 2011

Il funerale dell'Agemont.


Corre voce si stia per celebrare il funerale dell'Agemont. Spero di no! Ad ogni buon conto desidero partecipare alla veglia, (augurandomi il miracolo della resurrezione della defunta) recuperando dal mio archivio una riflessione datata 05.06.07.
Provocazione per provocazione, come mai non si forma nessun Comitato del No alla chiusura?...
Riforma dell’Agemont.
L’Agenzia è nata nell’87. Erano i tempi in cui si pensava alla “leva finanziaria” al “differenziale di sviluppo”. Casualmente è stato inserito l’articolo per il quale avrebbe dovuto realizzare un non meglio precisato CIT.
Fino al 92 l’Agemont fa da Congafi aggiuntivo per la montagna. Casualmente nel 92 si sviluppa un rapporto con il BIC Trieste e quindi l’idea in qualche modo di duplicarlo in montagna. Casualmente il successivo rapporto con il CRF rafforza l’idea e si sviluppa l’Agemont come ora è strutturata.
L’obiettivo che si doveva raggiungere era la massima occupazione per evitare continuasse l’emigrazione, l’Agemont era “agenzia per lo sviluppo economico”.

La massima occupazione è stata raggiunta tant’è che l’ultimo numero della rivista dell’Agemont titola “immigrazione e integrazione”. Una provocazione per sottolineare che il quadro è radicalmente modificato. Ma purtroppo tutti continuano a pensare con gli schemi vecchi di quindici anni…
Malgrado la piena occupazione:
- la montagna continua a perdere abitanti;
- continua lo spopolamento della media alta montagna per un processo di scivolamento a valle.
L’obiettivo nuovo da assumere è quindi: creare le condizioni perché si scelga di restare, o di venire a vivere in montagna. Il tema è culturale, sociale prima che economico.
L’Agenzia deve modificare la natura e diventare agenzia per lo sviluppo economico e sociale, e in quanto tale Ente strumentale della Regione per lo sviluppo della montagna. Non a caso a livello centrale anche l’IMONT è stato trasformato in Ente Italiano Montagna con una mission di supporto allo sviluppo sociale.
Il ruolo di Agemont deve essere quello di Agenzia per lo sviluppo locale, la sua strategia deve essere quella dei progetti “calati dal basso” mi spiego…

Il nuovo progetto montagna era nato con l’idea di una cabina di regia generale e delle cabine a livello di singola comunità. A un certo punto la cabina centrale si è sciolta perché l’Università che vi partecipava si è proposta per definire il progetto. Poteva essere una idea se del progetto si fosse occupata l’Università in tutte le sue articolazioni. Ancora una volta invece si è pensato che Pascolini potesse essere l’Università.
Partecipavo alla cabina come Confcooperative ma ho sempre cercato di sottolineare l’importanza che dalla Cabina nascesse una nuova Agemont con una nuova mission.
Come Ente strumentale della Regione l’Agemont gestisce il Fondo Montagna, definisce una strategia complessiva, articolata in assi di intervento, che sottintendono un nuovo modello di sviluppo. Sulla base dello schema le Comunità o i Comuni aggregati, sviluppano dei Progetti integrati di sviluppo di vallata. L’Agenzia opera come “facilitatore” nella definizione dei Progetti, li finanzia, ne segue la realizzazione sostituendosi in termini di sussidiarietà quando venisse a mancare l’azione delle Comunità. I GAL che sono già agenzie di sviluppo locale a livello di Comunità, diventano bracci operativi dell’Agemont nell’affiancare le Comunità.

Il modello:
-realizzare dei sistemi economici decentrati ed integrati (agricoltura alternativa, turismo, artigianato, indotto da Amaro a tecnologia avanzata, telelavoro…), attorno ai quali possa ricostruirsi un sistema di relazioni che rendano interessante il vivere in montagna;
- sviluppare un peculiare sistemi di servizi pensati per la montagna che facciano della montagna un luogo che offre di più rispetto alla città (teledidattica, telemedicina, teleassistenza, centri culturali e di aggregazione ecc.).
Il modello va articolato in assi di intervento che vengono poi integrati a livello del progetto specifico riguardante la valle o il singolo paese.

La costituzione dell’Agemont come Ente strumentale della Regione consentirebbe all’Agenzia di gestire anche tutti i progetti sul FESR e sui vari Interreg che adesso vengono gestiti dal Servizio autonomo della montagna, unificando la gestione delle risorse gestite a favore della montagna ed evitando, come ora avviene, che si faccia un po’ di tutto, ma niente che abbia quella massa critica necessaria per invertire il trend in montagna.

Ipotesi n. 2
E’ evidente che l’ipotesi esposta è difficilmente percorribile. Presuppone infatti una iniziativa riformatrice della Regione nell’approccio al problema montagna. Iniziativa difficilmente perseguibile per l’impatto negativo che avrebbe sul territorio, per l’accusa di dirigismo e centralismo regionale con cui verrebbe bollata.
La soluzione subordinata è che Agemont si ricavi da sé uno spazio all’interno del sistema montagna, in accordo con le Comunità Montane, restando nell’ambito dello sviluppo economico, sui due versanti del supporto alla imprenditoria esistente e dello sviluppo di nuova imprenditoria.
Se la fase 1 ha visto lo sviluppo del CIT la fase 2 deve prevedere uno sviluppo della ricaduta dell’innovazione su tutto il territorio, cercando di dare risposte a due domande:
come può l’Agemont fertilizzate il tessuto imprenditoriale esistente? Come può sviluppare una azione di inseminazione di una nuova cultura imprenditoriale e di sviluppo di nuove imprese? Se saprà proporsi come la struttura che da risposta a queste due domande, automaticamente avrà un ruolo che gli consentirà di interagire con gli altri soggetti del sistema montagna, senza sovrapposizione e conflitti.

Fertilizzazione.
A fianco del CIT l’Agemont sin dall’inizio ha sviluppato un Centro Servizi Avanzati. Obiettivo era quello del trasferimento al sistema territoriale l’ innovazioni di processo e di prodotto. Avrebbero dovuto crescere delle persone sviluppando un know how nel trasferimento, diventando antenna locale della rete nazionale ed internazione di innovazione. C’erano i programmi e le risorse, è mancato un progetto di Agemont in questa direzione, per cui dopo quindici anni il sistema imprenditoriale della montagna non ha ancora avvertito la presenza di Agemont e tantomeno ne ha sentito i benefici.
Il turn over delle persone è stato tale da non consentire lo sviluppo di una competenza riconosciuta e percepita.
I nuovi programmi “competitività e innovazione” possono costituire una nuova occasione per un nuovo progetto Agemont-Interfaccia sul territorio delle Università, dell’Area di Ricerca e dei Centri di ricerca in generale. Gli Interreg Italia Austria e Italia Slovenia per la posizione di Agemont a ridosso del triplice confine, devono costituire una nuova opportunità soprattutto per le misure che riguardano la messa in rete delle esperienze di innovazione.

Inseminazione.
Se la mancanza di una cultura imprenditoriale come propensione al fare impresa viene considerata uno degli handicap che hanno impedito lo sviluppo della montagna, l’Agemont deve ritrovare la sua mission nel superare questo handicap. Si è invece defilata in questi anni anche dai progetti regionali come “Imprenderò”.
Un progetto per lo sviluppo di nuova imprenditoria e per l’importazione di giovani imprenditori, con un pacchetto articolato di misure agevolative ma anche di supporti di vario tipo partendo da esperienze come quella di technoseed, o comunque da altre esperienze che si stanno facendo in tutto il mondo, dovrebbe concretizzare la mission di Agemont in questo settore.
Lo sportello unico delle imprese potrebbe costituire il punto di collegamento con le Comunità Montane. Uno sportello presente in Agemont e nelle singole Comunità nel quale gli imprenditori e i futuri imprenditori ottengono sia le informazioni che provengono dall’Agemont che quelle di carattere burocratico.
La banca data dei capannoni disponibili dovrebbe costituire il punto di contatto con i Consorzi industriali ai quali dovrebbero essere affidate in gestione le strutture immobiliari.

Fertilizzazione per l’inseminazione.
Si potrebbe così definire l’attività propedeutica per diffondere la cultura imprenditoriale, l’attività si sensibilizzazione e animazione sui giovani possibili imprenditori. Nel progetto a regia Agemont questa attività potrebbe essere affidata ai GAL.
In questa ottica ai GAL potrebbe essere affidato anche lo sviluppo di programmi di cultura imprenditoriale d’intesa con i centri di formazione e con gli Istituti scolastici della montagna.

Progetti Agemont-Comunità Montane.
Un particolare settore di collaborazione tra Agemont e le Comunità Montane suscettibile di interessanti sviluppi potrebbe essere quello della ricerca applicata su problemi particolarmente rilevanti in montagna. E’ un po’ la mission che si era pensata per Cirmont. Sperimentazioni nei settori del riscaldamento e dell’energia, della telemedicina e dell’assistenza, ma anche delle colture alternative, o di nuovi prodotti agroalimentari di nicchia.

A proposito di Cirmont l’uovo di colombo potrebbe essere quello per cui l’Agemont rileva le quote dell’IMONT, fa entrare anche l’Università di Trieste e l’Area Science Park e lo trasforma nel proprio Centro Servizi nell’accezione di cui si è detto sopra.

martedì 11 gennaio 2011

GINO/IGINO Buon Onomastico

Buon onomastico da un Igino a tutti gli Igino ed anche ai Gino del mondo. L’onomastico può essere l’occasione per chiedere l’intercessione del santo protettore di cui si porta il nome. Nel nostro caso, può diventare alla rovescia, l’occasione per rivendicare il ruolo del santo protettore, per riconoscersi in un santo che ha avuto la disgrazia di essere al posto giusto nel momento sbagliato. In questo mi sono sempre sentito in linea con il mio santo protettore… Non so se altri Igino o Gino possano lamentare la stessa cosa…
Diventare papa non è cosa da poco! Oggi chi è papa viene riconosciuto come autorità anche dai non cattolici. Igino purtroppo divenne papa troppo presto. Era il nono dopo S.Pietro, e i papi non li portavano ancora in giro per le basiliche con la sedia gestatoria, anzi il nostro protettore dovette subire “gloriosamente” il martirio nella persecuzione dell’imperatore Antonino, non si sa esattamente come, comunque risulta che sia stato ucciso e che il suo corpo sia inumato nel Sepolcreto Vaticano. Questa sembra sia stata la sua effigie:


Alla ricerca di qualcosa di più su di lui sono entrato su internet in quel mercatino globale costituito da E-bay, ed ho trovato in vendita persino una sua reliquia. Purtroppo per il destino di essere al posto giusto nel momento sbagliato, quando sono arrivato io, la reliquia era già stata venduta. Era una reliquia del 1700 forse messa in opera da un altro Igino come me, che non accettava da avere come protettore un santo anonimo, e si era inventato una reliquia. L’avrei comunque voluta acquistare, e spero l’abbia fatto un altro Igino, a me è rimasta solo la foto che riproduco come portafortuna per tutti gli Igino del mondo.


Confesso che la storia di Igino papa e martire mi ha fatto sempre incavolare. Possibile che a uno che è stato papa ed ha avuto anche la disgrazia di diventare martire, non sia state dedicata neppure una Chiesa, in giro per il mondo. Non dico una basilica ma almeno una piccola chiesetta di campagna!… Ho trovato che a Roma gli anno dedicato una strada, ma mi pare troppo poco…
L’ingiustizia tocca anche i santi! C’è un San Floriano che era un centurione romano, e poi è finito martire, e si ritrova una infinità di chiese dedicate e di pale d’altare nelle quali viene ritratto con un secchio a spegnere gli incendi. Ma possibile che a San Igino non sia venuto in testa che doveva fare qualche miracolo se voleva restare nella memoria del popolo? Poteva curare la peste come S. Rocco, se non voleva fare il pompiere come S.Floriano…Invece sì è limitato a fare il filosofo, ed ai filosofi, si sa, va già bene quando non vengono contestati e bruciati su qualche rogo…
Eppure da quel che risulta, pur avendo avuto solo quattro anni di pontificato, dal 138 al 142, ha avuto un ruolo importante nella storia della Chiesa. Ha organizzato la gerarchia distinguendo i vari ruoli di presbitero, diacono e suddiacono. Ha introdotto nel sacramento del battesimo la figura del padrino e della madrina… Ti pare poco? Ma non ha spento nessun incendio, non ha guarito nessun appestato…così non ha trovato nessuno che lo dovesse ringraziare costruendogli una chiesa, dedicandogli una ancona, o una pala d’altare…
Carissimi omonimi, converrete che si tratta di una grande ingiustizia! A me, confesso, questo nome non è che mi sia mai piaciuto. Ma il nome è qualcosa come il Dna, te lo ritrovi così com’è, che ti piaccia o no. Se poi ti è stato dato per sbaglio, pazienza! A me infatti per asse ereditario, toccava il nome di Luigi. Vista la mia dimensione iniziale (che non si è modificata con il tempo!) a qualcuno è parso esagerato quel nome, ha quindi pensato di ridurlo in Luigino. A questo punto una mia zia (così mi ha raccontato, orgogliosa!) ha avuto un colpo di genio ed ha pensato ad una ulteriore riduzione eliminando le due lettere iniziali, ed è stato così che sono finito a portare il nome d’un santo che con Luigi non aveva nulla a che fare. E’ un nome che non è piaciuto neppure ai Papi. Il suo successore infatti si chiamò Pio, ed altri poi hanno preso lo stesso nome fino al XII del secolo scorso. Igino invece è rimasto solo lui, primo ed ultimo…
Carissimi omonimi non so se è capitato anche a voi qualcosa del genere. Comunque, sia come sia, il motivo per cui ci chiamiamo Igino o Gino, dobbiamo fare qualcosa per riabilitare il nostro santo protettore. Io non riesco a digerire l’idea che anche tra i santi possa esistere tanta ingiustizia! Uno ha mille chiese solo perché ha un secchio in mano ed un altro invece che ha inventato i suddiaconi, il padrino e la madrina del battesimo, non ha neppure un altare ! Per l’11 gennaio chiedendo aiuto al nostro santo protettore, pensiamo a cosa fare perché venga ricordato più degnamente!!!….
Comunque chiediamogli almeno la grazia di non essere sempre, come lui, al posto giusto nel momento sbagliato!!!

mercoledì 5 gennaio 2011

Il suono delle campane.

“Anche il suono delle campane non è più quello d’una volta”. Non esageriamo con la mania di affermare che tutto è cambiato che nulla è come un tempo. A meno che non siano state per caso cambiate, se le campane sono le stesse, il loro suono non può essere diverso…
E invece sì, è cambiato anche il suono, da quando le campane vengono attivate da un motore elettrico, da quando c’è un orologio che le fa partire automaticamente.
Quando sentivi suonare una campana pensavi a chi la stava suonando, a chi stava tirando la corda nella cella alla base del campanile. E in qualche modo il suono si portava il suo pensiero. Suonavano a festa perché lui tirava la corda con la gioia nel cuore. Diffondevano nell’aria un lamento ed il cordoglio doloroso di tutto il paese quando annunciavano la morte di qualcuno. La sera dei morti poi, piangevano tutta la notte la nostalgia degli invisibili che si riprendevano le loro case, che tornavano a bere l’acqua preparata per loro. Le campane erano come uno strumento musicale esprimevano i sentimenti di chi le suonava. Lo stesso strumento è in grado di farci vivere l’emozione della gioia più intensa o del dolore più disperato. Così era per le campane del mio paese…Oggi l’orologio che le muove non può trasmettere loro nessun sentimento, e nessun sentimento trasmettono loro a chi le sente. Hanno il suono freddo d’uno strumento senz’anima, il suono d’un paese già morto, perché già senza anima…
Ma forse non è il paese o il suono della campana ad essere morto…